mercoledì 10 febbraio 2010

10 FEBBRAIO, IL GIORNO DEL RICORDO



Un dolore profondo che stringe il cuore, una commozione forte, il desiderio del ricordo. Con questi sentimenti, quando ero presidente della Regione Lazio, istituimmo per legge nel 2003, quindi ancor prima del Parlamento, la “Giornata dei valori nazionali” per ricordare la tragedia del massacro delle Foibe, fissando la data del 10 febbraio.
Quella legge ha permesso di promuovere la diffusione dei sentimenti patriottici fra le nuove generazioni attraverso l’organizzazione di convegni, mostre, manifestazioni espositive e spettacoli su argomenti di interesse storico e culturale; l’erogazione di borse di studio e premi ai giovani per attività e tesi di laurea; la concessione di contributi a sostegno di pubblicazioni utili a divulgare la conoscenza del patrimonio storico e culturale italiano.

Oggi, 10 febbraio, quella tragedia rivive in tutti gli italiani grazie anche al “Giorno del ricordo”, una legge che il Parlamento ha votato cinque anni fa allo scopo – come recita l’articolo 1 – di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, dei fiumani e dei dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale.

Si tratta di una giornata che richiama un sincero raccoglimento, che deve necessariamente essere patrimonio indelebile della nostra Patria. Ricordare chi nelle foibe, in quelle fosse, in quelle voragini rocciose create dall’erosione di corsi d’acqua profonde anche duecento metri fu martirizzato dall’armata jugoslava è soprattutto un gesto di rispetto verso vittime innocenti, uomini, donne, bambini, uccisi senza alcuna pietà, “infoibati” dopo indicibili violenze, colpevoli solo di opporsi all’espansionismo comunista slavo del Maresciallo Tito.

Foibe, queste sconosciute, verrebbe da dire. Veri e propri “solchi” nel terreno, voragini di roccia a forma di imbuto rovesciato usate come strumento di morte.
Ben poco si legge sui libri di storia di questa triste vicenda e quel poco è distorto e superficiale.
Non ci si può meravigliare, allora, che secondo recenti sondaggi solo il 57 per cento degli italiani sappia cosa sono davvero le foibe. E’ necessario spiegare e far capire come andarono le cose alla fine della Seconda Guerra mondiale, quando migliaia di italiani in Istria e Dalmazia furono massacrati e gettati nelle foibe e in 350mila furono costretti a un esodo epocale dai loro territori di nascita e residenza. Vittime della ferocia dei comunisti agli ordini di Tito, vittime di una pulizia etnica crudele e folle.

L’ho scritto in altre occasioni, ricordando questa immane tragedia e lo ribadisco: l’orrore di quanto accaduto in quella terra di confine è rimasto per decenni occultato dietro il silenzio e la convenienza politica, come da più parti è stato ammesso, non ultimo dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, dal quale mi attendo un intervento risoluto e illuminante.
Ai martiri delle foibe, la legge dedica il Museo della civiltà istriano-fiumano-dalmata, con sede a Trieste, e l’Archivio museo storico di Fiume, con sede a Roma.

Pubblico di seguito una poesia di un autore ignoto, che ho letto navigando su internet nel desiderio di ‘ricordare’.


“Le foibe”

Eran giorni di sangue/eran giorni senza fine/per le orde slave l’ultimo confine/eran gli ultimi fuochi di una infinita guerra/e quei barbari feroci volevan quella terra/uomini e donne venivan massacrati/loro sola colpa italiani esser nati/vecchi e bambini gettati negli abissi/spinti giù nel vuoto dai gendarmi rossi/foibe nella roccia e di roccia era anche il cuore/di un maresciallo boia di tanta gente senza nome/venivano sospinti con furore e odio/vittime prescelte per un vero genocidio/e dopo 50 anni han finto di scoprire/ciò che sempre si è saputo/e continuano a mentire/ma non avrà mai pace quella nude ossa/finché esisterà l’immonda bestia rossa/è passato tanto tempo ma il mio cuore gioisce ancora/quando signora morte suonò la sua ultima ora/per quel maresciallo assassino d’innocenti/per quel boia immondo aguzzino di tanti/e non posso più scordare che il mio cuore piange ancora/al ricordo di un presidente che ha baciato la sua bara/presidente di quell’italia che ha voluto dimenticare/chi fu massacrato perché italiano voleva restare.

Francesco Storace




Vi ricordiamo che per poter partecipare al blog è necessario scrivere il proprio nome o nick ed inserire un indirizzo email VALIDO.
Il Blog è uno spazio aperto a vostra disposizione, è creato per confrontarsi direttamente.
L’immediatezza della pubblicazione dei vostri commenti non permette filtri preventivi. .

Nessun commento: