domenica 14 dicembre 2008

LA INFAME PRIVATIZZAZIONE DELL'ACQUA





Da quando nei primi anni novanta si è insediata all’amministrazione del nostro paese la classe politica denominata la “seconda repubblica”, in ottemperanza alle direttive neoliberiste elaborate dai poteri forti internazionali che tale classe politica deve seguire, ciò che è di proprietà pubblica o di comunitaria utilità viene costantemente privatizzato ossia svenduto a mercanti privati. Da anni hanno messo le manacce persino sull’acqua: nell’era del neoliberismo un bene se è di pubblica utilità, offerto dalla natura e necessario alla sopravvivenza, viene considerato ancor di più come un qualcosa da imprigionare e da erogare ai cittadini seguendo le ordinarie logiche di mercato, proprio perché un bene in quanto necessario ad essere utilizzato per forza da tutti offre l’opportunità di trarre giganteschi profitti quanto di controllare la nostra vita trasformandoci in schiavi: controllare i beni di vitale interesse comunitario significa effettivamente per le caste mercantili, le multinazionali e le mafie suggellare il loro potere assoluto sui popoli.“La Banca Mondiale e le istituzioni finanziarie internazionali (IFI), con le multinazionali, chiedono ai paesi poveri di impegnarsi per la privatizzazione del settore dell’acqua in cambio dei prestiti. Gli accordi commerciali vanno nella stessa direzione: richiedono ai paesi di regolare i loro settori idrici e aprirli agli investimenti privati.Gli strati più poveri della popolazione mondiale hanno disperatamente bisogno dell'acqua e dei servizi igienici, ma l'esperienza dimostra che i poveri vengono ulteriormente marginalizzati quando i governi dei paesi in cui vivono seguono i modelli di privatizzazione. Non potendosi permettere l'allacciamento ai servizi, sono condannati ad usare l'acqua contaminata o a rischio di contaminazione. Alcuni dei paesi più poveri del mondo come il Mozambico, il Benin, il Niger, il Rwanda, l'Honduras, lo Yemen, la Tanzania, il Camerun e il Kenya sono stati costretti a privatizzare i sistemi di gestione idrica sotto pressione del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale. Ironicamente, gran parte di questi paesi ha privatizzato per ricevere crediti dal Poverty Reduction and Growth Facility (PRGF).” La privatizzazione dell’acqua in Italia, legalizzata nel gennaio 1994 dalla legge Galli, prosegue inesorabilmente con la connivenza della burocrazia partitica che entra nel gioco per fare soldi. Il giro d’affari in Italia di questo scempio è di 2.530 milioni di euro all’anno.“Prima,c'erano interi paesi dove mai nessun abitante aveva visto una bolletta con i consumi dell'acqua, poi ci sarebbero stati gli “Ato“, ovvero degli organismi, espressione delle amministrazioni locali, che si occupano delle risorse idriche per il territorio di competenza. A loro tocca fissare le tariffe, decidere gli investimenti necessari, affidare la gestione tramite gare pubbliche o ricorrere ai privati. Ad oggi dei 92 “Ato” italiani, 67 hanno già effettuato l'affidamento. Il 60% degli ambiti insediati ha optato per la concessione diretta a società a capitale pubblico, soprattutto nel nord dove 68 gestori 44 sono pubblici. I privati, invece, tramite le società miste-pubbliche, controllano l'acqua di Lazio, Toscana e Emilia, dove si arriva a sfiorare il 70%“. (2) In Sicilia tutto il servizio di erogazione dell’acqua è gestito dai capitalisti privati.Le società a capitale pubblico, come la sarda Abbanoa, sono enti si a controllo pubblico ma si comportano come i peggiori enti privati, hanno come manager super-stipendiati signorotti della partitocrazia, spesso ex sindaci, ex consiglieri, ex assessori etc. e sottraggono per legge ai comuni la gestione della propria rete idrica.A loro volta, le società controllanti l’acqua, sono controllate spesso da fondi di investimento, banche d’affari, imprese immobiliari, colossi stranieri dell’acqua (primeggiano in tale settore le francesi Suez, Danone, Veolia Vivendi, la tedesca RWE, la svizzera Nestlè, l‘ americana Coca-cola, l‘ italiana Parmalat: la maggior parte di queste multinazionali, già tristemente famose, è impegnata anche in altri settori oltre quello dell’acqua): riportiamo l’esempio dell’Acea, “azienda capitolina il cui maggior azionista è il Comune di Roma (51%). Il restante 49% è diviso principalmente tra la Suez, multinazionale francese, il gruppo dell'immobiliarista Francesco Caltagirone e i due fondi di investimento Schroders Inv. e Pictet Asset management, quest’ultimo con forti partecipazioni in Veolia e Suez. L'azienda controlla tutte le fontane di Roma e gestisce, con quote mai inferiori al 30%, Firenze e quasi tutte le aziende che operano in Toscana, la Gori e la Gesesa in Campania, il 40% dell’Umbra Acque di Perugia e il 94% dell'Acea Ato 5 di Frosinone, uno dei pochi affidamenti degli Ato solo ai privati.“ (3)Ben 7 società che controllano la nostra acqua sono quotate in borsa: anche l’acqua, dopo il petrolio, i cereali, diventa materia di gioco d’azzardo (è il termine per definire il mercato finanziario).A istituzionalizzare ulteriormente la mercificazione dell’acqua italiana facilitando in questo caso l’accesso dei mercanti stranieri e del capitalismo finanziario intervennero una direttiva dell’Unione Europea che impone gare pubbliche europee sia per l’affidamento di lavori che per la gestione del servizio idrico laddove sia applicata la legge Galli, sia l’articolo 35 della finanziaria 2002 elaborato dall’allora governo Berlusconi ma approvato da entrambi i poli, che impose la conversione di tutte le municipalizzate e le aziende di servizi pubblici in società per azioni entro il 2004; lo stesso articolo impose sempre entro il 2004, la cessione ai privati del 40% della forza lavoro e delle infrastrutture delle aziende municipalizzate o pubbliche in generale che controllavano ancora il 60% dei servizi idrici italiani, con obbligo della gara per l’affidamento del servizio idrico a gestore privato.Queste privatizzazioni hanno avuto come ricaduta un costo delle bollette che oggi è mediamente superiore del 300% rispetto a 4-5 anni fa. Riporto alcuni esempi: nel 2005 nella città di Aprilia, nel Lazio, la bolletta dell’acqua aumentò del 330% per decisione della società Acqualatine, a Perugia dal 2005 al 2007 il salto è stato del +15%, a Genova del +14%, a Firenze l’incremento della tariffa è stato del 8% dal 2005 al 2006, dal 2006 al 2007 l’incremento è stato del 14%.In generale, se le tariffe dell’acqua sono mediamente triplicate, i profitti delle aziende che controllano l’acqua sono aumentati del 700%.Tutto questo mercato, assai variegato (ad ogni “Ato” corrispondono più tariffe diverse) tradottosi in salassi per i cittadini, perché da che mondo è mondo, un’azienda privata, anche travestita da pubblica, persegue come fine il massimo profitto e non il bene comune, ha peggiorato la qualità del servizio: le reti idriche italiane continuano ad essere colabrodo, con il 40% dell’acqua che si perde nel tragitto lungo le condutture, in molti paesi l’acqua arriva a singhiozzo, addirittura in alcune località del meridione l‘ acqua arriva nelle case poche ore alla settimana, le riparazioni vengono svolte in ritardo anche perché i comuni sono esautorati d’ufficio dai compiti di gestione dell’acqua, e comunque le privatizzazioni si associano a tagli di personale per “risparmiare“. Nella bolletta compare adesso una voce relativa ai costi di depurazione, solo che in almeno in un terzo delle località interessate a tali costi aggiuntivi non vi è alcun sistema di depurazione e quindi i cittadini pagano per dei servizi inesistenti, che però sarebbero indispensabili.Finora vari comitati sparsi nell’Italia contro la privatizzazione dell’acqua, hanno raccolto in tutto 406.000 firme, per il ripristino della vecchia gestione pubblica: quella municipalizzata.Tra le iniziative che segnaliamo, le lotte di alcuni movimenti in Toscana contro una legge regionale che vuole consegnare il 60% della proprietà delle reti idriche di Firenze e dei comuni del Valdarno ai privati, in terra sarda il comitato “Abbanostra” a Bonannaro (provincia di Sassari) fondato dal nostro camerata e militante Gino Scanu contro la privatizzazione della gestione delle risorse idriche e il caro delle bollette imposte da Abbanoa, e le proteste un po’ in tutto il centro della Sardegna contro le bollette pazze, i disservizi che Abbanoa porta con se, contro i sindaci che si calano le braghe alle imposizioni dall’alto.L’“oro blu” viene dallo stesso sistema economico che lo considera come oggetto di mercato, distrutto cioè inquinato. Il capitalismo infatti con i processi che lo costituiscono come l’industrialismo forsennato irrispettoso della natura ci fornisce l’acqua inquinata ovviamente dannosa per la nostra salute oltre che per i bilanci familiari. Ormai oltre la metà delle falde acquifere nel centro-nord dell’Italia sono gravemente inquinate, i grandi fiumi della Pianura Padana e delle regioni centrali portano con se un mastodontico carico di veleni. Scarichi industriali, fognari, agricoli, buttano in falde e corsi d’acqua arsenico, ammoniaca, nitrati, cloruri, solfati, erbicidi, pesticidi, ormoni, piombo, amianto, ferro, cromo, e altre sostanze dal nome difficile da ricordare; il risultato è un’alta incidenza di tumori, l’avvelenamento di ciò che mangiamo, il problema che in molte zone prossime a grandi fiumi lavarsi diventa molto pericoloso per la salute. È nell’interesse dei mostri societari che ci derubano l’acqua che questo bene scenda dai rubinetti avvelenato perché così la gente per bere è costretta a comprare l’acqua imbottigliata, controllata spesso da questi stessi mostri societari, che verrà fatta costare tanto ai consumatori. Per avere un’idea del grado di avidità usuraia di questa gente, in Bolivia quando le multinazionali Bechtel, Arengo e Edison ottennero la gestione del servizio idrico della regione Cochabambana, arrivarono a far imporre il divieto di tenere nelle abitazioni vasche per raccogliere l’acqua piovana! Per fortuna questi usurai vennero cacciati da lì nel 2000 da dure sommosse popolari. Gli stessi usurai che pretendono di rendere proibitiva ai diseredati l’acqua, in nome del malefico profitto acconsentono agli smisurati sprechi delle persone che hanno così tanti soldi da buttare: pensiamo a tutta l’acqua che prendono campi da golf, piscine, feste, fontane private e giardini delle ville; queste multinazionali rubano l‘ acqua ai poveri per darla ai ricchi.La privatizzazione dell’acqua è una delle tante palesi dimostrazioni che il sistema politico-economico odierno esclude i cittadini da ogni reale funzione decisionale.Rivendichiamo il secco NO alla privatizzazione dell’erogazione dell’acqua, l’abolizione della legge Galli e il ritorno della gestione delle reti idriche ai comuni, integrata con sistemi di partecipazione diretta dei consumatori alla direzione del servizio, sosteniamo le iniziative di disobbedienza che in diverse zone dell’Italia cittadini angariati stanno conducendo contro i mercanti ladri d’acqua e i politici complici. La privatizzazione dell’acqua è un crimine mondiale che va stroncato. Per noi le esigenze delle multinazionali, dei fondi internazionali e delle banche mondiali, i dettami del organizzazione mondiale del commercio (WTO) e dell’Unione Europea, le ingordigie degli intrugli societari paramafiosi, non contano un benemerito cavolo. Avanti Italia! Avanti Camerati!


Sabato 20 dicembre 2008, dalle 10 alle 19, in Largo Barriera e domenica 21 dicembre 2008, dalle 10 alle 19, in Piazza della Borsa, banchetti informativi de "La Destra" e di "Gioventu' Italiana" sul progetto H2O, con distribuzione gratutita di acqua minerale alla popolazione.Saranno presenti i quadri dirigenti del Movimento.







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2 commenti:

Anonimo ha detto...

E'un articolo bellissimo.
condivisibile al 100% in tutti i punti.
Proprio per questo mi e Vi chiedo una cosa: Perchè distribuire l'acqua minerale?? anch'essa è un aspetto dello stesso problema: multinazionali che stanno depredando il nostro territorio e assetando le popolazioni per il profitto più sfrenato.
Grazie

Anonimo ha detto...

su questo hai ragione..condivido la tua opinione..
credo pero che sia un modo abbastanza efficacie per sensibilizzare la cittadinanza..anche perché un'iniziativa del genere è assolutamente originale.

gianluca