venerdì 13 agosto 2010

FINI(TO)!!!!!!!

Pubblico questo mirabile ed illuminante articolo pubblicato oggi su "Il Giornale".
Ogni commento è superfluo!!!!!!


Vi racconto la vera sindrome di Gianfranco
di Marcello Veneziani

Ma perché lo ha fatto? Gira e rigira è quella la domanda su Fini che resta senza risposta. Tutti parlano del pasticciaccio brutto, da Montecitorio a Montecarlo, tutti conoscono le tappe dell’escalation ma in fondo non ci sono risposte alla domanda che pure sento ripetere ovunque io vada: ma cos’ha nella testa Fini, perché ha combinato tutto questo casino, dove (...)(...) vuole andare? Non pretendo di darvi una risposta convincente, mi limito a comporre le possibili spiegazioni in un racconto che tiene conto di tutte le più accreditate versioni, eccetto le tempeste ormonali. Escludo anche le cause patologiche, tipo la scatola cranica dei dobermann che a una certa età comprime il cervello e li fa impazzire, fino ad azzannare il padrone.Fini soffriva della sindrome di Salieri. Sapete, Salieri era un musicista che non sopportava il successo del suo collega Mozart e dicono che abbia avvelenato il suo più famoso amico-rivale. Per tradurlo in termini correnti, diciamo che Fini ha vissuto per anni alla destra del Padre, soffriva del complesso del vicario; apparire sempre coprotagonista, cofondatore, spalla e cognato del Re, alla lunga logora e frustra. Non dimentichiamo il lato umano, la psicologia elementare. La stessa cosa accade al principe Carlo che ha passato una vita a fare l’erede, ma la regina non schioda e ora prevedono di bypassarlo. A Carlo per la rabbia gli sono cresciute le orecchie, a Fini il rancore.A ciò si aggiunge la frustrazione dei sondaggi, dove Fini spopolava. E questo gli dava un senso di insofferenza anche verso il suo partito e la sua destra: si era convinto di essere più amato del suo partito e più grande della sua destra. In realtà confondeva la popolarità con il consenso, il generico apprezzamento con il voto. Se è per questo anche Almirante era ammirato da mezz’Italia e detestato dall’altra metà, ma poi visse al 5 per cento, per dirla con una poesia di Montale. Così Bertinotti. Mai confondere gradimento e consenso. Ma questa convinzione, probabilmente alimentata da chi gli sta vicino, lo ha portato a far crescere l’autostima e a nutrire un duplice fastidio: verso Berlusconi che gli faceva ombra, pur essendo più basso di lui, ma anche verso la sua destra, dalla base ai colonnelli tutti, che considerava con disprezzo la sua palla al piede, senza accorgersi che era il suo fondamento: è come un uccello che se la prende con l’aria perché fa resistenza al suo volo senza accorgersi che è l’aria a sostenerlo in volo, e senz’aria cadrebbe a terra. Abbiamo così due spiegazioni di partenza, intrecciate e compatibili. Ma direte voi, un vero politico sa pazientare, conosce i tempi giusti per uscire allo scoperto, non rompe il gioco a metà fino a inimicarsi i suoi stessi elettori. Fini era il naturale successore di Berlusconi, e dopo la diaspora di Casini ancora di più; era perfino accettato dalla Lega, verso cui solo ora ha scoperto i suoi livori nazionalistici. Perché allora non ha avuto pazienza? Qui viene l’ipotesi chiave. Fini ha il terrore di succedere a Berlusconi come premier, ha orrore del gran lavoro, sa che sarebbe schiacciato sotto il peso del governo, non ce la farebbe. Lui aspira al ruolo di Speaker Supremo, cioè di presidente della Repubblica. Perché lui vuol essere Capo ma senza la fatica di governare; vuol essere sopra i partiti e non dentro, perché ha nausea dei medesimi, è single. Bello fare il presidente della Repubblica, magari qualche bel discorso a reti unificate, ricevi i potenti della Terra, passi dal Principato di Monaco al regno d’Italia, fai immersioni nelle tenute di Stato... Per andare al Quirinale deve azzoppare il suo più temibile concorrente interno, Berlusconi, e amicarsi la sinistra, senza aspettare il turno per Palazzo Chigi. Ecco, la partita è il Colle.
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